BIOGRAFIA VIRGINIA RYAN

Virginia Ryan, artista australiana con cittadinanza Italiana, vive e lavora in Umbria e Victoria, Australia .Diplomata alla National Art School di Canberra nel 1979, con  Master in Arte Terapia (Edimburgo UK 1994) e in Gestalt Counseling (ASPIC erugia 2021)

Dal 1981 ha lavorato a livello internazionale utilizzando pittura, fotografia, scultura e forme installative, aprendosi a importanti collaborazioni con antropologi e musicisti.

Attualmente il suo studio principale è in Umbria; ha vissuto e lavorato a Canberra, ad Alessandria d’Egitto (1982-1985),Curitiba in Brasile (1988-1990),durante lo scioglimento della ex Jugoslavia in Serbia (1990-1992),Scozia (1992-1995),ad Accra in Ghana (2001-2007) per poi trasferirsi ad Abidjan e Grand Bassam in Costa d'Avorio fino all'inizio del 2016.

Nel 2004 ha dato vita, con il Prof.Joe Nkrumah, alla Fondazione per l'Arte Contemporanea (FCA) in Ghana, di cui è stata direttrice fino al 2007. Per raggiungere l’obiettivo di sostegno alla giovane arte africana, ha collegato artisti legati alla FCA con la New York University attraverso il programma Envisaging Accra. Nella medesima città ha fondato la prima biblioteca d'arte visivo negli uffici della FCA, al Centro Dubois di Accra. La Fondazione fara' l'anniversario di 20 anni in 2024.

Gran parte della sua personale ricerca artistica ha esplorato questioni dell'Identità e Memoria, dando vita a progetti come The Castaways Project Exposures:A White Woman in West Africa collaborando con l'antropologo e sound artist Steven Feld.

L'Opera di Virginia Ryan ha spesso riguardato spostamenti, migrazioni, memoria, perdita e trasformazione e ha dato vita a collaborazioni con artisti locali, comunità e ‘art systems’ in variati localita'. Fa uso di un linguaggio visivo occidentale che guarda sia alla tradizione che all’arte contemporanea, utilizzando spesso oggetti di uso quotidiano per scoprire la straordinaria realtà dell’Africa occidentale odierna; memore delle sue origini, la sua esperienza di vita le consente, nella sua pratica artistica, di uscire dalla claustrofobia dello sguardo eurocentrico. (2012)

Dal 2008, ha esposto nelle Biennali di Malindi, Dakar, Venezia e Curitiba e in Italia Biennali di Fiber Art , Il Biennale Alto e di Libri D'Artista. Nel 2008, la città di Spoleto ha presentato una mostra antologica a Palazzo Collicola Arti Visive, evento ufficiale del 51 ° Festival internazionale dei Due Mondi .

Nel catalogo della mostra,dal titolo Africa and Beyond, Achille Bonito Oliva scrisse.

“… Virginia Ryan […] afferma il diritto del proprio immaginario, sottratto alla logica del doppio estremismo: globalizzazione o tribalizzazione. Essa adotta la tattica del nomadismo culturale per sottrarsi alla perversa conseguenza dell'identità tribale. Nello stesso tempo rivendica una produzione del simbolico contro la mercificazione di un'economia ormai globale. In tal modo afferma il diritto alla diaspora, l'attraversamento multiculturale, transnazionale e multimediale. Si sottrae dunque ad ogni logica di appartenenza attraverso una scelta di fondo che tende a negare il valore dello spazio, habitat e relativa antropologia circoscritta, a favore di un valore di tempo condensato nella forma dell'opera.Stoicamente Virginia Ryan sceglie liberamente la diaspora, quel tragico destino storico subito da molti popoli a Oriente e a Occidente. In tal senso l'opera acquista un valore utopico nel suo significato etimologico, la preferenza per un non-luogo, un altrove smaterializzato che non richiede stanzialità o definitiva occupazione. Pittura, scultura, fotografia, disegno ed architettura si intrecciano nella produzione di installazioni che possono sostare in qualsiasi spazio, ma senza il pericolo di una totale integrazione. Il nomadismo e l'eclettismo stilistico che regge la forma aiuta l'affermarsi di una progressiva decomposizione quanto ad unità spaziale del momento produttivo ed unità temporale di quello contemplativo.

L'opera di Virginia Ryan funziona come un frullatore che crea interagenza tra i diversi linguaggi e smaterializza ogni tradizionale categoria estetica.”

Nel 2013, l'artista trasferisce il suo studio da Abidjan alla città costiera di Grand Bassam -UNESCO World heritage Site - in Costa d'Avorio. Ricco di storia coloniale e post-coloniale e dall'estetica decadente, il soggiorno a Bassam le ha permesso di realizzare nuovi progetti con materiali scoperti  in situ.

In collaborazione con giovani artisti, in Bassam ha fondato la N.G.O. 'Make Art Not War', la cui missione era quella di usare mezzi creativi per costruire pace e riconciliazione dopo anni di conflitto civile.

Nell'ottobre 2016, tornata in Italia, ha iniziato un laboratorio di arte/arte terapia aperta con richiedenti asilo dell'Africa occidentale: #MakeArtNotWalls/Italia in un clima di integrazione e crescita personale. Per dare maggiore visibilità e forza al progetto si sta facendo viaggiare i lavori di questo gruppo,sia in Italia che a livello internazionale Il sostegno al progetto è stato forte, da Human Rights Watch a NPR Radio: un esempio di azione concreta per diffondere consapevolezza interculturale in un  conteato globale più apparentamente diviso.

Nel marzo 2017, Maurizio Coccia e Ivan Bargna hanno curato l’importante mostra personale di Virginia Ryan Biografia Plurale, un’esposizione dalla quale prende spunto anche l’ultima pubblicazione riguardante il suo lavoro: Biografia Plurale. Virginia Ryan: Arte, Africa e Altrove, edito nel settembre 2018 da Fabrizio Fabbri Editore con testi di Bargna,Feld,Coccia,De Leonardis e Osei Bonsu.

Nella sua citta', nell 2017, e' stata nominata anche Volontario dell'Anno per il suo impegno con i Richiedenti Asilo e nell'Ottobre 2018 e' stata eletta Accademica Benemerita all'Accademia Pietro Vannucci (Perugia, dal 1573).

Nel 2019  e' presente al Macro (Museo Arte Contemporanea di Roma) per la residenza d'artista/ laboratorio #Atelier ; e' invitata al 14 Biennale di Curitiba in Brasile ( Museu Oscar Niemeyer) intitolato Fronteiras Abertas.

E'rappresentata dalla galleria Montoro 12 a Roma e Bruxelles. Dal 2017 Collaborata con il critico/curatore Davide Silvioli sull'archivazione e documentazione della sua produzione artistica.


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