English/italiano
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I LOVE YOU/FlUID TALES
Chi siamo? Who are we? Qui sommes-nous?
E tu che sei? And who are you? Qui êtes-vous?
ITALIANO:
1. Dalla Mostra a 1OPERA GALLERY.NAPOLI
Mille fotografie per altrettante vite, dal cuore dell'Africa all'Italia, fino ad arrivare al mondo intero:
Virginia Ryan racconta di gente che negli ultimi vent'anni ha vissuto la propria vita a Grande Bassam in Costa D'Avorio, città di mare africana un tempo Capitale coloniale ed ora patrimonio dell'Unesco, attraverso una moltitudine di immagini reperite nelle tantissime boutiques fotografiche sparse per la città, che a causa della fine della pellicola analogica e l'arrivo del digitale stanno chiudendo i battenti: fotografie di nascite, matrimoni, eventi importanti o semplici ricordi, che accumulate nei depositi dei negozi correvano il rischio di essere perdute, trascinando con sé la tradizione stessa della fotografia, da sempre elemento fondamentale del tessuto culturale africano. La Ryan ha dunque recuperato una parte imponente della storia della città senza alcuna censura o cernita: tutte le foto che rischiavano di essere bruciate o buttate via sono state acquistate dall'artista e messe insieme per restituire una visione completa e senza alcuna ombra di ciò che è accaduto a Grande Bassam dagli anni '80 al 2012: "non ho i negativi delle foto, - spiega l'artista - ciò che volevo era sostenere una tradizione importante, che rischiava il dimenticatoio. Ho voluto rendere un servizio a questo tipo di arte". La raccolta di immagini ha un titolo significativo "I love you", che è riportata anche su una delle foto che ho trovato. Volevo che il significato di questa installazione fosse trasversale, che invitasse gli italiani - in questo caso - alla riflessione su ciò che accomuna la loro vita a quella di persone appartenenti a culture diverse e lontanissime, come quelle di Grande Bassam. In Europa a volte sembra che il razzismo sta pericolosamente aumentando, e una mostra come questa è un tentativo in più di arginare l'ondata di ostilità nei confronti del cosidetto diverso" commenta ancora. L'istallazione è già stata presentata informalmente nello studio dell'artista a Grand Bassam suscitando profonda meraviglia e gioia nei visitatori, emozionati dal rivedere immagini che ritenevano scomparse e che nessuno avrebbe creduto così importanti per la storia della città così come per quella di ogni singolo cittadino. La Ryan ha infatti posto un forte accento sul concetto di memoria guardando contemporaneamente al cambiamento della società, alla sua evoluzione e a ciò che comporta.L'artista, che rimanda ai legami tra un paese e l'altro, tra una persona e l'altra, stretti attraverso i viaggi e più nello specifico attraverso l'emigrazione: le immagini dondoleranno da lunghi fili tesi in orizzontale, come piccole bandiere, a ricordare l'antica tradizione dei migranti e dei loro parenti di tenere dei lunghi lacci di spago - ognuno ad un'estremità, dal porto e dalla nave in partenza - che simboleggiavano un legame forte, che il viaggio non avrebbe spezzato. Quando poi la nave lasciava il porto il filo di spago colorato restava sul pelo dell'acqua a galleggiare, formando insieme a tutti gli altri un gigantesco arcobaleno acquatico.
Un ricordo che tra l'altro serba la stessa artista e che si avvicina molto alla storia della migrazione italiana, famosa in tutto il mondo.
Chiara Minieri,Napoli 2013
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2. English review from Empty Lighthouse Art magazine
3.Tra il ‘qui’ e l’‘altrove’ LIA DEL VENERE 2014
“Ciascuno di noi – scriveva nel 1998 Amin Malouf in L’identità (Bompiani, Milano 1999) – dovrebbe essere incoraggiato ad assumere la propria diversità, a concepire la propria identità come la somma delle sue diverse appartenenze, invece di confonderla con una sola, eretta ad appartenenza suprema e a strumento di esclusione, talvolta a strumento di guerra”. E’ necessario, dunque, nel mondo contemporaneo ridefinire il concetto di identità, adeguandolo alle nuove realtà con le quali ogni individuo deve necessariamente confrontarsi, in particolare quando decide di posizionarsi in contesti diversi da quello di origine.
Gli artisti, prima e meglio di tutti, colgono i segnali delle trasformazioni in atto e – attraverso un dislocamento non solo mentale ma sempre più spesso fisico – danno vita a narrazioni inedite, propongono scenari solo apparentemente improbabili, integrando la propria cultura con quella dei luoghi in cui si trovano a operare, elaborando punti di vista eccentrici e modalità linguistiche nuove.
Ciò accade quando gli artisti ‘migrano’ dai paesi extraeuropei in Occidente, ma oggi sempre più sovente anche in direzione opposta. Nei loro percorsi riformulano il proprio immaginario, desumendo strumenti espressivi dai luoghi in cui fissano temporaneamente o in via definitiva la propria dimora, innestando in una koinè linguistica ormai diffusa gli apporti legati a realtà territoriali, sociali, culturali lontane l’una dall’altra. All’interno del rapporto del ‘qui’ con l’ ‘altrove’, che contribuisce a dar vita a un nuovo concetto di identità necessariamente molteplice e pluriversa, in continuo, incontrollabile e imprevedibile trasformazione e alla costruzione di un mondo sempre più articolato e complesso, il tema della conservazione della memoria è di basilare importanza.
Dal lavoro di Virginia Ryan traspare un’attenzione all’’altrove’, esente da curiosità episodiche e superficiali. Il suo sguardo mira a porre in luce non ciò che divide un mondo dall’altro, non ciò che distingue una comunità dall’altra, non ciò che separa un individuo dall’altro, ma ciò che fa da significativo comune denominatore tra loro. .....
(........Di tutt’altro tenore è l’installazione) I love you, con cui l’artista si fa amorevole custode della documentazione fotografica di frammenti di vita di singoli individui, offrendola al nostro sguardo come palpitante diario quotidiano di una comunità, quella di Gran Bassam, che rischia di perdere irrimediabilmente la memoria del suo recente passato a causa dell’affermarsi della fotografia digitale. Ryan opera con discrezione come mediatrice tra mondi diversi, tra eredità del passato e indifferibili urgenze del presente, tra bisogno di preservare le radici e necessità di costruire scenari futuri.
Lia De Venere